LA PRIMA IMMERSIONE - 10 luglio 2003

 

Non so in quanto tempo si possano percorrere135 metri a piedi, so quanto ho impiegato per farli sott'acqua, in una discesa verticale: 4 minuti.....
I 4 minuti che mi hanno portata su un relitto cercato da molti, amato ed assolutamente inesplorato da 60 anni: dalla sera del suo affondamento...
Cercare di spiegare cosa ho provato è difficile, il giorno precedente ero nervosa, anche se molto serena, ho fatto un giro di telefonate, forse per salutare, forse per non avere rimpianti, forse perché non sapevo neanche se sarei mai tornata a casa. A quelle profondità ci si può morire, è semplicemente un dato di fatto, nessun pessimismo, forse una scaramanzia!
Di quella mattina ricordo un'estenuante ricerca al punto esatto, durata qualche ora, e poi il caldo che ci accompagnava mentre ci vestivamo per scendere giù. Su un' altra barca tanta gente, persone locali che hanno fortemente voluto tutto questo, 2 fratelli, figli di un sommergibilista dell'equipaggio morto nell'affondamento, che non hanno mai conosciuto il padre, persone che sono preoccupate, che si avvicinano per stringerci la mano pochi minuti prima di immergerci.
Attaccata alla boa alla quale è legata la cima che seguiremo per arrivare giù aspetto il mio compagno di immersione, Dody, che sta arrivando, mi guarda, mi chiede se è tutto a posto e poi sento solo le sue parole dopo aver visto la corrente che c’era: "tanto mica ci arriviamo laggiù", poi il vuoto.
Parole che dimentico mentre sgonfio il gav e l'aria esce dalla muta stagna, sono concentrata solo sulla discesa, mi aiuto un po’ con le mani tirandomi alla cima, cerco di prendere velocità, il tempo a disposizione è poco, bisogna cercare di arrivare giù il più in fretta possibile. "Dody" è avanti a me, lui ha la telecamera, non voglio perdere tempo, scendo e prendo velocità tanto da superarlo e continuare nella mia veloce discesa. A 95 metri vedo un piccolo branco di anthias venirmi incontro, capisco che il relitto si sta avvicinando, il mio computer mi dice che per lui sono già morta a causa di un eccesso di percentuale di ossigeno, non sa che la miscela che gli ho impostato è solamente per non farlo smettere di funzionare, così adesso suona, tiene quasi compagnia in questo incredibile silenzio! Guardo verso il basso e riesco a scorgere un'ombra, e migliaia di anthias che velocemente si avvicinano, .....l'ombra prende forma mentre mi avvicino, non lascio la cima, il relitto è ancora lontano, arrivo fino a toccarlo, il pedagno è finito esattamente dentro il relitto, perfettamente al centro di esso, ecco: questo è il Velella. Sono incredibilmente emozionata, cerco di capire e studiare la posizione, poi mi volto verso l'alto e faccio il tipico segnale dell’OK a Dody che è qualche metro più sù, tocco di nuovo il relitto, lo guardo, cerco rubare con gli occhi quanto più possible dei suoi segreti, di scorgere delle forme che possano poi essermi familiari, ma l'emozione è troppo forte, penso solo che sono lì, che sto realizzando qualcosa che nessuno prima pensava sarebbe mai stato possibile. I desideri e le speranze di tante persone che da anni desideravano avere qualche notizia in più. C’è una strana serenità che mi accompagna durante l’immersione, mentre cerco di vedere quanto più posso del relitto è come se intorno a me ci fosse una sensazione di pace, sono a circa 135 metri eppure tutto è così meraviglioso, come se “qualcosa” o “qualcuno” fosse insieme a noi per accompagnarci nella visita… So che sto visitando un luogo dove riposa un intero equipaggio, eppure qui sotto non c’è alcuna tristezza, è un relitto “vivo”, un relitto “gioioso”, non c’è alcuna desolazione o tristezza mentre lo accarezzo. Della posizione del sommergibile capisco poco, vedo una grande murena che esce verso di noi, i pesci qui non hanno mai visto un subacqueo, sono curiosi, non hanno paura, un grongo è fuori tana e non sembra per nulla infastidito. Faccio un giro, c'è un grosso squarcio, testimonianza forse di uno dei 4 siluri lanciati dal sommergibile Shakespeare che lo colpirono; dentro è scuro, ma l'accesso è libero, illumino l’interno senza entrare, una tomba rimane sempre sacra, in qualunque luogo si trovi.
Il tempo è tiranno, rimarrei sul Velella per ore, ma Dody spegne l'illuminazione della telecamera, a dirmi che il tempo è scaduto, l'immersione è finita e noi dobbiamo cominciare a risalire. A malincuore, ma dobbiamo andare. 12 minuti di fondo compresa la discesa. Quanti misteri lì sotto, quanta voglia di scoprirli. Mentre i minuti cominciano a passare e l’acqua diventa meno fredda ho mille pensieri e mille riflessioni che mi attraversano la mente. Le immagini impresse come in una pellicola fotografica, i sentimenti e le emozioni sono molteplici, impossibile cercare di trasportarle agli altri.
La risalita dura circa 120 minuti, è il momento di uscire dall'acqua ed io quasi non mi sono accorta di queste 2 ore di decompressione che sono passate, mettiamo la testa fuori, la nostra barca sopra di noi e l'altra a pochi metri, con tutti che applaudono e desiderano solo una risposta alla domanda che si pongono da troppi anni ormai: c'è? - sì c'è, il Velella è qui sotto -, qualcuno si commuove, qualcuno si sposta sulla nostra barca per aiutarci a tirare su le pesanti attrezzature, poi una volta fuori gli abbracci, la commozione, emozioni indescrivibili: abbiamo fatto qualcosa per questa gente e loro hanno dato a noi l’opportunità di pregare sulla tomba dei loro familiari, in fondo al mare, per la prima volta….

Rizia

 

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